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Il faraone Ramses III era molto soddisfatto dei suoi artigiani. Finché questi ultimi non organizzarono il primo sciopero della storia

Nell’Egitto del XII secolo a.C., durante il regno del grande Ramses III, ci si aspetterebbe di trovare molte cose: tombe maestose, piramidi, ricchi geroglifici e contadini attenti al livello del Nilo per garantire la prosperità dei loro raccolti. Immagini che ben si adattano all’idea che abbiamo dell’antico Egitto. Se guardiamo al Deir el-Medina del 1157 a.C., un villaggio di artigiani situato vicino alla Valle delle Regine, vedremmo tuttavia qualcosa che sembra meno adatto a quel periodo: lavoratori che promuovono uno sciopero.

Deir el-Medina: il villaggio che osò sfidare il faraone (e cambiò per sempre la storia del lavoro)

In un luogo remoto dell’Egitto… Set Maat (meglio conosciuto come Deir el-Medina, il suo nome arabo) era un prospero villaggio di operai e artigiani fondato dal faraone Thutmose I. Si trovava in una posizione privilegiata, vicino alla Valle delle Regine e alla Valle dei Re, di fronte a quella che oggi è la città di Luxor.

Inizialmente l’insediamento contava solo poche decine di case circondate da una cinta muraria, ma crebbe e acquisì importanza. Lì, nelle loro case di mattoni, vivevano gli operai e gli artigiani che inizialmente dovevano lavorare alla tomba di Thutmose I, il quale, per evitare che il suo luogo di riposo subisse i saccheggi di altre necropoli, aveva avuto un’idea: sostituire le piramidi e i mastaba con una tomba più protetta, scavata nella montagna stessa.

Protagonista inaspettata. Deir el-Medina avrebbe potuto passare alla storia semplicemente per questo, legata per sempre al nome del faraone Thutmose I, se non fosse stato che a metà del XII secolo a.C. divenne protagonista inaspettata di uno degli episodi più rilevanti della cronaca lavorativa del mondo.

Il motivo? Un bel giorno del 1157 a.C. (anno più, anno meno) quegli stessi operai che vivevano nelle loro case di mattoni e si dedicavano a dare forma alle tombe reali decisero di ribellarsi. E così facendo diedero il via al primo sciopero della storia, un titolo che oggi gli riconosce il Guinness World Records.

Dove diavolo è il mio stipendio? Gli artigiani e gli operai dell’Egitto di 3.200 anni fa erano forse diversi dai lavoratori di oggi. Le loro motivazioni, no. Ciò che ha esaurito la pazienza degli operai di Deir el-Medina è stato il ritardo nel pagamento dei loro stipendi, che ricevevano in natura, sotto forma di grano, cereali, pesce essiccato, birra, verdura o persino l’usufrutto di alcuni appezzamenti coltivabili.

Come ricorda La Brújula Verde, sappiamo che i lavoratori iniziarono a protestare quando il ritardo nel pagamento superò la settimana. Dopo 20 giorni la situazione peggiorò e, ormai entrati nel secondo mese di ritardi, gli artigiani decisero di abbandonare definitivamente i loro attrezzi e di scioperare. I problemi, tuttavia, non erano puntuali. Si trascinarono per diversi anni.

Le tracce di Amenenkaht. Se sappiamo cosa accadde in quell’angolo d’Egitto 3.200 anni fa è in gran parte grazie a uno scriba di nome Amenenkaht, che si occupò di prendere nota di tutto per informare il visir. Grazie a lui sappiamo che lo sciopero scoppiò durante il regno di Ramses III, che governò il regno approssimativamente tra il 1186 a.C. e il 1155 a.C. Si ritiene che i problemi con gli operai di Deir el-Medina siano iniziati intorno al 1159 a.C. e si siano protratti, senza soluzione, fino a quando “il sistema di pagamento dei lavoratori della necropoli è crollato completamente”, commenta l’egittologo Toby Wilkinson.

“Anno 20, secondo mese dell’Inondazione, giorno 10. Oggi la squadra di lavoro ha superato le mura della necropoli [il posto di controllo] gridando: ‘Abbiamo fame!’ Sono 18 giorni che [gli uomini] stanno seduti dietro il tempio funerario di Thutmose III”, raccontò lo scriba in un documento oggi noto come Papiro dello Sciopero. In esso si fanno eco anche le amare lamentele degli artigiani del villaggio: “Se siamo arrivati a questo punto è a causa della fame e della sete; non ci sono vestiti, non ci sono unguenti, non c’è pesce, non ci sono verdure…”.

E cosa fecero? Dissero basta. Si rifiutarono di aspettare ancora per un pagamento che tardava ad arrivare e si recarono in città gridando “Abbiamo fame!”, chiarendo le loro rivendicazioni nel tempio di Ramses III e nelle vicinanze di quello di Thutmose III, dove arrivarono ad accamparsi. Si recarono persino al magazzino centrale del grano di Tebe e bloccarono gli accessi alla Valle dei Re, rendendo difficile ai sacerdoti e ai familiari di portare le offerte ai defunti.

Dopo un lungo braccio di ferro, riuscirono a ottenere il pagamento degli arretrati e tutto indica, scrive Worldhistory, che alla fine entrambe le parti raggiunsero un accordo affinché i lavoratori potessero ricevere i loro salari come concordato.

Perché è importante? Il primo motivo è l’importanza storica delle proteste. Non è assurdo pensare che in precedenza, in Egitto o anche in Mesopotamia, si fossero verificate situazioni simili. E c’è chi sostiene che il primo vero sciopero sia avvenuto secoli dopo, nel 494 a.C., a Roma, con la secessio plebis. La verità, tuttavia, è che ufficialmente si ritiene che la mobilitazione degli artigiani e degli operai di Deir el-Medina sia stato il primo sciopero lavorativo documentato fino ad oggi. Così figura infatti nelle pagine del Guinness World Records.

Al di là di questo “titolo”, l’episodio è rilevante per il suo impatto sull’Egitto. Come ricorda Joshua J. Mark in World History, nell’antico Egitto esisteva un concetto fondamentale chiamato ma´at, l’equilibrio individuale, sociale e universale che attribuiva al faraone una serie di responsabilità, tra cui il benessere della popolazione, la sicurezza dei confini e l’adempimento dei riti religiosi.

Ramses III eccelleva in quest’ultimo aspetto, ma il suo regno fu segnato da turbolenze economiche che complicarono il pagamento degli artigiani. Si trovò così di fronte a una situazione particolare: proteste alle quali le autorità non sapevano bene come reagire e che, in un certo senso, “violavano il principio di ma’at”. Una pietra miliare che oggi fa risaltare Deir el-Medina nei libri di storia.

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