Una donna è riuscita a ottenere il riconoscimento di una pensione di reversibilità calcolata su una base imponibile di 3.315,80 euro, dopo che la previdenza sociale l’aveva fissata a 2.439,23 euro, ritenendo che dovesse essere mantenuto l’importo della pensione del marito sospesa per motivi di lavoro. La Corte Suprema conferma che i contributi versati mentre il defunto era ancora in attività devono essere conteggiati, consentendo di optare per la base più favorevole.
Assicurazione sociale contro la vedova: precedente giudiziario sulla pensione ereditaria
Tutto inizia quando Lorenza richiede la pensione di reversibilità dopo la morte del marito, al quale era stata riconosciuta una pensione con una base imponibile di 2.439,23 euro, anche se tale pensione era sospesa perché continuava a lavorare. A quanto pare, la previdenza sociale le ha riconosciuto la vedovanza applicando il calcolo precedente, ma non gli ultimi contributi del defunto.
Nella lettera di risoluzione, la previdenza sociale spiegava che la pensione doveva derivare dalla “situazione pensionistica del defunto e che per calcolare la pensione di reversibilità si parte dalla stessa base imponibile utilizzata per determinare la pensione di cui era beneficiario il coniuge”.
Di fronte a questa situazione e vedendo che la sua pensione avrebbe potuto subire un danno, la vedova ha presentato un reclamo alla Previdenza Sociale, che è stato respinto, per cui ha deciso di adire le vie legali.
Aveva diritto a una base di calcolo più alta
Sia in primo grado il Tribunale del Lavoro n. 32 di, sia successivamente la Corte Superiore di Giustizia e infine la Corte Suprema, hanno dato ragione alla vedova. In altre parole, hanno riconosciuto che la base di calcolo doveva essere di 3.315,80 euro e non di 2.439,23 euro, poiché il marito aveva continuato a versare i contributi mentre aveva sospeso la pensione per continuare a lavorare.
In questa sentenza, la questione chiave o il dubbio è se i contributi versati dal defunto mentre la sua pensione di anzianità era sospesa possano servire per calcolare una base imponibile più alta nella pensione di reversibilità. Per rispondere, la Corte Suprema ha fatto riferimento all’articolo 8.3 del Regio Decreto 1132/2002 (consultabile in questo BOE), che regola gli effetti dei contributi versati dopo la sospensione della pensione nell’ambito della pensione flessibile.
La norma stabilisce che, in caso di decesso, i beneficiari delle prestazioni di morte e di reversibilità “possono scegliere che queste siano calcolate sulla base della situazione lavorativa del defunto o, se del caso, sulla base della sua situazione pensionistica”. La previdenza sociale, tuttavia, aveva interpretato che doveva essere mantenuta la base di calcolo iniziale della pensione riconosciuta, anche se sospesa, senza tenere conto dei contributi successivi.
Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, la Corte Suprema corregge questo criterio e conferma che la norma consente ai beneficiari di scegliere l’opzione più favorevole. In questo modo, i contributi versati dal defunto mentre lavorava con la pensione sospesa contano ai fini del ricalcolo della base di calcolo della pensione di reversibilità, il che in questo caso ha permesso di aumentarla da 2.439,23 a 3.315,80 euro, sempre parlando della base di calcolo (non dell’importo finale della pensione).