Quando pensiamo al ghiaccio e al sale, è normale immaginare una strada in pieno inverno: la neve accumulata sull’asfalto, i camion che spargono sale in fretta e furia e i residenti che cercano di non scivolare sui marciapiedi ghiacciati. È una scena tipica del nord o delle zone montane, dove l’inverno trasforma il paesaggio in una cartolina, ma anche in una sfida quotidiana per chi deve spostarsi tra strade interrotte o passaggi pedonali trasformati in trappole.
Ghiaccio salato che genera elettricità: la scoperta che moltiplica l’energia 1000 volte (e il paradosso climatico)
Una scoperta dal “sapore” salato. Un pizzico di sale per far sì che un materiale, deformandosi, produca elettricità. Questo fenomeno ha un nome e si chiama flexoelectricità. Era già stato osservato nei ghiacciai in movimento o nelle lastre di ghiaccio sotto pressione, ma mai con risultati così potenti come quelli ottenuti in questo studio.
Secondo lo studio, il team ha congelato acqua con diverse concentrazioni di sale comune (NaCl) e ha creato blocchi di ghiaccio di varie forme: coni, travi e lastre. Ha poi applicato prove di flessione — posizionando il ghiaccio su due supporti ed esercitando pressione dall’alto — e ha misurato l’elettricità generata. Il risultato è stato sorprendente: il ghiaccio salato ha generato fino a 1.000 volte più carica elettrica rispetto al ghiaccio puro.
L’ingrediente chiave. Ma come può il sale potenziare qualcosa di così inerte come il ghiaccio? La risposta sta nei microcanali di acqua salata che rimangono intrappolati tra i cristalli. Come spiega il comunicato stampa dell’ICN2, il sale impedisce al ghiaccio di congelarsi completamente. Quando si piega, l’acqua e gli ioni di sale si spostano dalle zone compresse a quelle stirate, generando un flusso di carica elettrica, che gli scienziati chiamano “streaming current” (corrente di trascinamento).
In termini pratici, l’effetto è così forte che i dispositivi sperimentali hanno raggiunto valori paragonabili ai migliori materiali piezoelettrici utilizzati oggi nell’industria, secondo la ricerca.
Dipendere dal ghiaccio. A prima vista, questa tecnologia potrebbe trovare applicazione in ambienti estremi, come le stazioni scientifiche nelle regioni polari, dove è molto difficile installare infrastrutture energetiche convenzionali.
La scoperta contrasta con la realtà. Dal 2000, i ghiacciai hanno perso 273 miliardi di tonnellate di acqua all’anno, secondo l’ESA. Ciò equivale al consumo di tutta la popolazione mondiale per tre decenni. Il ritiro si traduce già in una perdita del 5% del volume globale di ghiaccio, con conseguenze visibili: aumento del livello del mare e minore disponibilità di acqua dolce in fiumi come l’Ebro. Quindi, parlare del ghiaccio come risorsa energetica pone un paradosso scomodo: dipendere da qualcosa che si scioglie sempre più rapidamente.
Ma non è tutto. Al di là dei dilemmi ambientali, lo studio stesso riconosce che c’è ancora molto da risolvere. Come sottolineato da TechXplore, i dispositivi a ghiaccio salato soffrono di fatica meccanica: dopo molti cicli di flessione, la loro capacità di generare energia può diminuire fino all’80%. Inoltre, gran parte dell’energia viene persa sotto forma di calore, il che rende l’efficienza ancora inferiore a quella dei dispositivi piezoelettrici commerciali.
La prospettiva è ampia. Tuttavia, la scoperta apre una porta affascinante. “I suoi vantaggi – abbondanza, sostenibilità e basso costo – lo rendono un candidato promettente per le tecnologie pulite”, sottolinea l’ICN2. E i ricercatori ritengono che il modello non sia limitato al ghiaccio: potrebbe essere applicato ad altri solidi porosi che contengono liquidi al loro interno.
Il paradosso, tuttavia, persiste: mentre la scienza esplora come sfruttare l’energia nascosta nel ghiaccio, il cambiamento climatico lo scioglie a un ritmo allarmante. Forse questa scoperta non serve solo a pensare a nuove tecnologie, ma anche a ricordare il valore di una risorsa che sta scomparendo.