Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), le microplastiche, che possono avere un diametro fino a 5 millimetri, “sono presenti in articoli di uso quotidiano, come sigarette, abbigliamento e cosmetici”. In questo senso, il rilevamento di queste particelle nelle bevande di consumo quotidiano è più ampio di quanto stimato. Un recente studio pubblicato su Science of the Total Environment e diffuso da Phys.org ha trovato particelle sintetiche nel 100% dei 155 campioni di bevande fredde e calde analizzati nel Regno Unito.
Ricerca: le bevande più popolari contengono microplastiche
Tra i prodotti esaminati figurano caffè, tè, succhi di frutta, bevande energetiche, bibite e acqua (sia del rubinetto che in bottiglia). La scoperta rivela che l’esposizione umana alle microplastiche supera ampiamente le stime precedenti.
La ricerca, condotta da Muneera Al-Mansoori, Stuart Harrad e Mohamed Abou-Elwafa Abdallah dell’Università di Birmingham, ha valutato l’assunzione totale di microplastiche attraverso i liquidi. A tal fine, sono stati raccolti campioni di 31 prodotti popolari tra agosto e dicembre 2024 e sono state analizzate cinque repliche di ciascuno, per un totale di 155 campioni.
Il lavoro ha incluso sia bevande calde che fredde, integrate da un sondaggio online condotto su 201 adulti britannici per stimare i modelli di consumo giornaliero.
Secondo Phys.org e l’articolo scientifico, nessuna delle bevande analizzate era priva di microplastiche. Le particelle rilevate corrispondevano a polimeri come polipropilene, polistirene, polietilene tereftalato e polietilene, tutti materiali comunemente utilizzati nei contenitori usa e getta. L’esposizione media giornaliera stimata alle microplastiche attraverso tutte le bevande ha raggiunto 1,65 particelle per chilogrammo di peso corporeo al giorno.
Livelli in base al tipo di bevanda e fattori associati
L’articolo rivela che le bevande calde presentavano concentrazioni di microplastiche superiori rispetto a quelle fredde. Il tè caldo, con 60 particelle per litro, era in testa alla classifica, seguito dal caffè caldo con 43 particelle per litro. Tra le bevande fredde, il tè freddo presentava 31 particelle per litro e il caffè freddo 37.
I succhi di frutta, le bevande energetiche e le bibite presentavano rispettivamente 30, 25 e 17 particelle per litro. La temperatura e il tipo di contenitore sono risultati determinanti: le bevande calde in contenitori di plastica presentavano i livelli più elevati di contaminazione.
Un caso eclatante è stato quello del tè in bustine di una marca premium, che ha mostrato una concentrazione maggiore rispetto a marche più economiche, contraddicendo la convinzione che il prezzo sia legato alla sicurezza.
Caratteristiche e origine della microplastica
Per quanto riguarda le caratteristiche, la maggior parte delle microplastiche rilevate erano frammenti (tra il 72% e il 93% delle particelle), con dimensioni comprese tra 10 e 157 micrometri. Il polipropilene era il polimero più diffuso, seguito da polistirolo, polietilene tereftalato e polietilene.
Il rapporto tra imballaggio e composizione delle microplastiche era chiaro: gli imballaggi in PET rilasciavano principalmente questo materiale, mentre quelli in polipropilene lasciavano frammenti dello stesso polimero. Inoltre, anche l’acqua utilizzata, il processo di produzione e l’inquinamento atmosferico contribuivano all’introduzione di microplastiche nelle bevande.
Il calcolo dell’esposizione giornaliera, basato sui modelli di consumo reali, ha mostrato 1,7 particelle per chilogrammo di peso corporeo al giorno nelle donne e 1,6 negli uomini. Queste cifre rappresentano un’esposizione molto superiore a quella stimata solo sulla base dell’acqua potabile, che era di circa una particella per chilogrammo al giorno.
L’acqua del rubinetto e quella in bottiglia rappresentavano la percentuale maggiore dell’esposizione giornaliera (rispettivamente il 34% e il 24% negli uomini; il 42% e il 14% nelle donne), anche se altre bevande come il tè e il caffè contribuivano in modo significativo.
Rischi per la salute e limiti dello studio
In materia di salute pubblica, gli autori mettono in guardia sul potenziale rischio associato all’ingestione di microplastiche. Secondo l’articolo pubblicato su Science of the Total Environment, queste particelle possono attraversare le barriere biologiche, accumularsi nei tessuti e agire come vettori di sostanze chimiche pericolose, tra cui metalli pesanti e composti che alterano il sistema endocrino.
Il tipo, la dimensione e la forma dei frammenti determinano la loro capacità di penetrare nei tessuti e rilasciare sostanze tossiche. Sebbene le prove sugli effetti sulla salute umana siano limitate, la ricerca sottolinea l’urgenza di definire standard per ridurre l’esposizione alle microplastiche negli alimenti e nelle bevande.
Lo studio riconosce alcuni limiti: il campione si basava su un sondaggio online condotto su adulti di Birmingham, quindi non riflette necessariamente le abitudini nazionali. Inoltre, la metodologia ha permesso di rilevare solo particelle superiori a 10 micrometri, il che potrebbe sottostimare l’esposizione reale, poiché le particelle più piccole non sono state registrate.