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Un nuovo studio rivela che la siccità anticipa l’autunno, causando la caduta precoce delle foglie nell’emisfero settentrionale e abbreviando la stagione di crescita delle piante

Tradizionalmente, gli autunni caldi ritardavano la caduta delle foglie. Nuovi studi dimostrano che la siccità può anticipare l’autunno, indipendentemente dalla temperatura.

La siccità anticipa l’autunno forzando la caduta delle foglie

L’autunno aveva un suo ritmo: gli alberi crescevano rigogliosi in primavera e in estate, accumulavano luce e sostanze nutritive e infine lasciavano cadere le foglie quando il freddo segnava il cambio di stagione. Tuttavia, il cambiamento climatico ha sconvolto questo orologio naturale.

Per anni, il segnale più evidente era che gli autunni caldi ritardavano la caduta delle foglie. Ma oggi, un nuovo modello sfida questa logica: in molte regioni dell’emisfero settentrionale, gli alberi stanno perdendo le foglie prima del solito. La causa principale? La mancanza d’acqua.

Una soglia invisibile, ma decisiva

Una recente ricerca dell’Università di Yunnan è riuscita a identificare il punto esatto in cui la siccità costringe le piante a interrompere la loro attività e ad avviare il processo di senescenza (processo fisiologico di invecchiamento naturale delle foglie). Per farlo, hanno analizzato oltre 70 anni di dati satellitari e sul campo, coprendo le zone vegetate al di sopra del 30° parallelo nord.

Gli scienziati hanno sviluppato un modello statistico avanzato —un quadro bayesiano basato su copule— per comprendere come si relazionano la siccità pre-autunnale e il momento in cui gli alberi iniziano la caduta delle foglie. Questo approccio ha permesso di definire un concetto chiave: la soglia di siccità pre-stagionale.

Tale soglia varia a seconda dell’ecosistema. Nelle zone aride, come la boscaglia o il deserto, è sufficiente una leggera siccità perché gli alberi inizino a perdere le foglie. Al contrario, le foreste umide necessitano di una siccità molto più grave per raggiungere tale limite, anche se quando lo raggiungono la transizione può essere brusca.

Il caldo estremo come acceleratore silenzioso

La siccità da sola non racconta tutta la storia. Le ondate di calore, specialmente durante il giorno, esacerbano la perdita di acqua nelle foglie, riducono l’umidità del suolo e, di conseguenza, abbassano la soglia necessaria affinché le piante inneschino la caduta delle foglie.

Di notte, l’impatto è minore perché gli stomi (pori delle foglie) si chiudono in gran parte. Tuttavia, le alte temperature notturne aumentano la respirazione delle piante, aumentando lo stress metabolico senza apportare i benefici della fotosintesi. È un logorio senza alcun guadagno.

In molte zone si osserva un effetto domino: ondata di calore → siccità meteorologica → siccità del suolo → caduta precoce delle foglie. È un ciclo che indebolisce gli ecosistemi prima del previsto.

Difese naturali con data di scadenza

Le piante non sono indifese. Alcune sviluppano strategie come chiome dense (maggiore indice di area fogliare o LAI), che aiutano a conservare l’umidità del suolo, o radici profonde, in grado di raggiungere gli strati di acqua sotterranea. Questi meccanismi forniscono una certa resilienza ecologica.

Ma tale resilienza dipende dal contesto climatico. In ambienti umidi e con piogge regolari, si mantiene. Nelle regioni aride, si erode facilmente di fronte a qualsiasi diminuzione della disponibilità idrica.

Ciò pone sfide importanti per la gestione forestale e il ripristino degli ecosistemi degradati: non basta piantare alberi, è fondamentale scegliere specie adatte alle nuove soglie di stress idrico.

Un futuro di autunni anticipati

I modelli climatici utilizzati nello studio mostrano uno scenario preoccupante: oltre il 50% delle zone vegetate a nord del parallelo 30° saranno più sensibili alla siccità stagionale prima dell’autunno intorno al 2100.

Regioni come l’Eurasia settentrionale, che già affrontano estati più calde e secche, potrebbero subire drastiche riduzioni della durata della stagione di crescita. Ciò significa minore assorbimento di CO₂ da parte della vegetazione, minore produttività ecologica e un maggiore rischio che alcuni ecosistemi smettano di essere pozzi di assorbimento del carbonio per diventare emettitori netti.

Le conseguenze non si limitano alla vegetazione. Le specie animali che dipendono dal fogliame autunnale per nutrirsi o rifugiarsi potrebbero subire squilibri stagionali. Alcuni insetti, uccelli e mammiferi potrebbero vedere i loro cicli di migrazione, riproduzione o alimentazione fuori sincrono con le risorse disponibili.

Anche l’agricoltura potrebbe risentirne. Le colture legnose come meli, mandorli o vigneti, sensibili sia allo stress termico che idrico, potrebbero accorciare i loro cicli e ridurre la resa o la qualità. Senza contare gli impatti sulla viticoltura, dove il cambiamento nella fenologia può modificare gli aromi e i sapori chiave del prodotto finale.

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